Il percorso fotografico ha offerto ai partecipanti una finestra senza sbarre sul mondo attraverso la quale potersi “affacciare” con gli occhi della mente.
Vi sono alcune ragioni per ritenere la fotografia un valido strumento per approfondire la conoscenza del sé e oltre ad essere stata un’occasione di socializzazione, di apprendimento, di reinserimento per i detenuti, questa esperienza li ha stimolati a esternare i desideri, le aspirazioni, le paure, il senso di isolamento proprio attraverso lo “scatto”.
Le fotografie sono state così un trampolino di lancio per tutti coloro che attraverso le parole non riuscivano a entrare in rapporto con se stessi e con l’altro.
Il percorso fotografico è stato particolarmente emotivo anche perché molti dei partecipanti sono riusciti a proiettare i significati più intimi su una foto scattata durante il corso. La fotografia è stata anche un mezzo espressivo per narrare e ricostruire le proprie storie di vita e il proprio mondo interiore oltre a rendere verosimili le proprie fantasie.
Le impressioni dei partecipanti che sono state trascritte durante il corso, hanno evidenziato il ritorno al passato, il proiettarsi nel futuro, la dimensione del tempo, la novità, la voglia di ricominciare…
Lo strumento-macchina ha avuto quindi il potere di collegare i partecipanti in un continuum temporale che ha permesso di spaziare attraverso un passato pieno di ricordi, che ha dato un significato al presente e ha permesso di proiettarsi nel futuro.
“Focalizzare le immagini, focalizzare la vita” è una delle affermazioni dei partecipanti che rende esplicito il significato dell’esperienza svolta, dove la fotografia è diventato una maniera per raccontarsi e per trovare una motivazione in questa parentesi di vita.
Rosa Bandiera
psichiatra, dirigente medico San Camillo Roma